26
Apr
2011
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Che paura, l’amore ai tempi dell’Ikea: facciamo scoppiare libertà e felicità, alla faccia del predicatore Giovanardi

Il 23 aprile 2011, qualche secolo dopo la fine del medioevo, qualche decennio dopo l’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica Italiana e qualche millennio dopo l’uscita definitiva dalle caverne, il Ministro Giovanardi lancia la fatwa contro Ikea. Intendiamoci: una fatwa alla modenese, con qualche goccia di aceto balsamico che ne smussa la gravità. Una fatwa democratica e laica, ça va sans dire. Perché si sa che gli integralisti, oscurantisti e retrogradi sono gli altri.

Ikea agisce contro la Costituzione. Accidenti: è una notizia che colpisce. Questa maggioranza la Costituzione vorrebbe sgretolarla e sbriciolarla a partire dall’art.1, quindi Ikea deve averla combinata grossa per stimolare il Ministro a dedicare la vigilia di Pasqua ad una veemente e indignata presa di posizione. Ikea ha lanciato una campagna pubblicitaria che si rivolge a tutti i tipi di famiglie. Due uomini visti di spalle si tengono per mano e vanno a comprare una libreria Billy. Il Ministro fremente si preoccupa della sensibilità dei clienti Ikea, che potrebbero trovare sgradevole sapere che anche le coppie omosessuali mettono i libri nella Ivar o comprano una cucina Värde.
 
Non commento l’oscurantismo integralista. Non ne vale la pena: è semplicemente fuori dalla storia. E nemmeno commento il fatto che la società italiana è immensamente più avanti della sua rappresentazione politica e sociale. Francamente dubito che ai tavolini dello Swedish Corner dell’Ikea si discuta con orrore, mangiando polpette in salsa di mirtillo, del fatto che Ikea accoglie tutti i tipi di famiglie e che nel letto a due piazze Aspelund potrebbero dormirci due uomini, due donne o una coppia non sposata. Quello che trovo grottesco è che un ministro con delega alla famiglia interpreti il suo ruolo esclusivamente lanciando strali contro le famiglie non tradizionali, siano esse coppie eterossessuali o omosessuali. Perché io non ricordo un provvedimento significativo che giustifichi un ministero alla Famiglia se non qualche predicozzo da curato dell’’800 pronunciato dai moderni pulpiti televisivi.

Faccia il ministro e promuova politiche; faccia in modo che si investano risorse in servizi, in welfare, in asili nido, in sostegni economici alle famiglie. Faccia il suo dovere. Perché altrimenti potremmo pensare, al di là delle opinioni, che governare significhi esclusivamente convincere la maggioranza che la colpa di tutto è, sempre e comunque, di una minoranza. A dispetto del fatto che le democrazie liberali – e le loro costituzioni – si fondano sulla tutela e sul rispetto delle minoranze, mica il contrario. Perché per il contrario ci pensano le dittature e i regimi totalitari.

La colpa della perdita del lavoro è degli immigrati che lo rubano. Le famiglie eterossessuali legate da vincolo matrimoniale non arrivano alla fine del mese per via delle coppie di fatto – etero o omo poco importa – che rubano diritti (aspetto da tempo di sapere quali) e, comprando una libreria Billy, offendono e turbano. La sanità è in affanno perché ci sono gli ammalati. La scuola costa troppo perché ci sono ancora  troppi studenti. Milioni di lavoratori sono senza diritti perché quelli che ne hanno ancora qualcuno cercano di difenderli. La colpa del fatto che la Chiesa cattolica è in crisi di vocazioni è dei musulmani che pretendono di pregare fuori dagli scantinati. E poi le donne, e poi i giovani, e poi chiunque pretenda di vivere in una società moderna, uguale e democratica.

Passa l’idea – sconvolgente per la sua stupidità – che l’esercizio del potere stia nella mortificazione e nell’umiliazione di tutti quelli che non sono potenziali elettori. Un mio amico commerciante, ieri, ha commentato la vicenda in modo intelligente: non crediate, dice, che soltanto Ikea non sia omofoba, o le grandi superfici commerciali, multinazionali e internazionali. Anche i piccoli mobilifici, i piccoli negozi, la gente normale e le famiglie normali non lo sono. Perché sanno che limitare la libertà di qualcuno non aumenta le libertà degli altri. Semplicemente annulla le libertà di tutti.

Allora facciamola finita con le fatwe in salsa padano-modenese: costringiamoli a chiedere scusa, all’umanità. Sotterriamoli con una risata, e allegramente teniamoci tutti per mano mentre compriamo una Billy e mangiamo polpette in salsa di mirtilli. E chiamiamo l’idraulico vicino a casa che ci ripari il sifone del bagno: non ci chiederà il certificato di matrimonio. Compriamo le tende in quel negozio di tessuti  e andiamoci con chi ci pare: marito, moglie, compagno, compagna, convivente, coinquilino, coabitante, amore grandissimo, amico per sempre. Facciamolo. Perché  le bolle di sapone basta bucarle e scoppiano. Facciamo scoppiare la libertà. Per una volta.

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